STRADE PARTIGIANE non è solo un evento.
Noi di Libero Spazio vogliamo prenderci l'impegno di portare avanti questo grande progetto per proporlo nelle scuole e per continuare a raccontare le storie dei giovani partigiani che hanno donato la vita per la libertà della nostra Ascoli. Troppo spesso queste figure sono dimenticate o peggio ancora ignorate.
Questo non possiamo permetterlo.
Per questo, settimanalmente, inseriremo in questa sezione del blog la storia di un partigiano, al quale è stata intitolata una via o una piazza ascolana.
[le storie sono inserite in ordine alfabetico per una maggiore comodità di consultazione]
DINO ANGELINI
Nato nel 1923 ad Ascoli Piceno.
Un semplice studente quando il 16 Settembre 1943 decide di aggregarsi a quello che è ancora il primo nucleo della Resistenza.
Il gruppo di cui fa parte, capeggiato dal giovane Emidio Bartolomei, dopo aver vagato per tutta la notte tra il 2 e il 3 Ottobre, trova una posizione adatta e, benché allo stremo delle forze, vi organizza un caposaldo per permettere ai reparti di sganciarsi dal nemico senza subire gravi perdite. Purtroppo sotto l'incalzare dell'avversario, anche questo pugno di uomini è alla fine costretto a ritirarsi.
Dino Angelini, pur avendo avuto l'ordine di abbandonare la posizione, continua il fuoco sino all'esaurimento delle munizioni.
Caduto nelle mani del nemico è costretto, insieme al rimanente gruppo delle Vene Rosse, di cui fa parte anche Marcello Federici, ad una marcia verso Pagliericcio, insieme di case sopra Villa Lempa in Abruzzo, quindi i soldati tedeschi impartiscono l'ordine di dirigersi verso un bosco vicino, l'illusione di poter scappare ha poca durata, il gruppo viene steso al suolo da raffiche di mitra.
Insignito della Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Nasce ad Ascoli Piceno nel 1923.
Insignito della Medaglia d'Argento al Valor Militare.
EMIDIO BARTOLOMEI
Nasce ad Ascoli Piceno nel 1923.
A sedici anni si arruola come volontario nella Marina Militare.
Durante
l'armistizio Bartolomei si trova a casa in licenza di convalescenza
ma capisce subito che deve partecipare alla lotta di Liberazione dal
Fascismo e dai Tedeschi invasori, il 16 Settembre infatti sale sul Colle
San Marco e si disloca in località Vene Rosse, dove fa parte della
squadra addetta ai rifornimenti di munizioni e viveri.
Nei
primi giorni dell'Ottobre 1943 partecipa alla Resistenza con un altro
gruppo di giovani volenterosi. Fino all'ultimo lottano contro la forza
e l'inclemenza dei Tedeschi sicuramente superiori per il numero e per i
mezzi, ma non riescono a sfuggire alla loro manovra di
accerchiamento. Bartolomei mostra tutto il suo coraggio proprio nelle giornate del 2
e 3 Ottobre. Nonostante l'ordine di ritirarsi, dopo tre giorni di aspri
combattimenti, il giovane decide di tentare un'ultima disperata
resistenza. Ma ritrovandosi senza munizioni è costretto ad arrendersi. Fatto prigioniero e trasportato a Pagliericcio, località che si trova
alle Falde della Montagna di Fiori, viene barbaramente fucilato
insieme ai suoi compagni.
Insignito della Medaglia d'Argento al Valore Militare. SERAFINO CELLINI
Nato nel 1921 ad Ascoli Piceno, lascia il lavoro di operaio meccanico per arruolarsi nell’esercito, dove svolge il ruolo di aviere scelto motorista.
Immediatamente dopo gli scontri alle Casermette di San Filippo e Giacomo del 12 Settembre 1943, sale al Colle San Marco insieme ad altri militari sbandati, desiderosi di difendere la propria città.
Muore il 3 Ottobre 1943 nel corso dei combattimenti, mentre è al comando di una delle squadre di patrioti. La sua squadra risale la montagna muovendosi dai paraggi del rifugio Paci, caposaldo che si trova sulla sinistra del Monte Giammatura ("Vene Rosse"), con l’auspicio che lassù si stia ancora resistendo, i combattimenti invece erano terminati già all'alba. Cellini, in possesso di una mitragliatrice, si ferma di tratto in tratto con i compagni per sparare raffiche dall’arma. I Tedeschi, pur trovandosi costretti a chiamare i rinforzi, hanno comunque la meglio riuscendo ad accerchiare il gruppo.
Durante lo scontro finale il giovane viene ferito per soccorrere Panichi e Galiè, nonostante ciò riprende a fatica la posizione dove è posta la mitragliatrice abbandonata e riapre il fuoco, incalzando i tedeschi sorpresi in una posizione scoperta. Combatte fino alla morte, il suo corpo viene ritrovato riverso sopra la sua mitragliatrice.
Insignito della Medaglia d'Oro al Valore Militare.
Muore il 3 Ottobre 1943 nel corso dei combattimenti, mentre è al comando di una delle squadre di patrioti. La sua squadra risale la montagna muovendosi dai paraggi del rifugio Paci, caposaldo che si trova sulla sinistra del Monte Giammatura ("Vene Rosse"), con l’auspicio che lassù si stia ancora resistendo, i combattimenti invece erano terminati già all'alba. Cellini, in possesso di una mitragliatrice, si ferma di tratto in tratto con i compagni per sparare raffiche dall’arma. I Tedeschi, pur trovandosi costretti a chiamare i rinforzi, hanno comunque la meglio riuscendo ad accerchiare il gruppo.
Durante lo scontro finale il giovane viene ferito per soccorrere Panichi e Galiè, nonostante ciò riprende a fatica la posizione dove è posta la mitragliatrice abbandonata e riapre il fuoco, incalzando i tedeschi sorpresi in una posizione scoperta. Combatte fino alla morte, il suo corpo viene ritrovato riverso sopra la sua mitragliatrice.
Insignito della Medaglia d'Oro al Valore Militare.
ADRIANO CINELLI
Nasce il 1926 ad Ascoli Piceno.
Studente, muore alla prematura età di 17 anni per mano dei tedeschi, è
una delle prime vittime "attive" dell'opposizione ascolana alle truppe
nazifasciste.
Il 12 Settembre 1943, a seguito degli scontri avvenuti presso l'allora
Distretto Militare (Caserma Vecchi) contro i tedeschi, che si muovevano
verso il Presidio Militare di Ascoli Piceno (Caserma Umberto I), i
civili ascolani entrano nella Caserma Vecchi per prelevare le poche
armi rimaste, intenzionati a difendersi.
Il giovanissimo Cinelli trova la morte mentre spara contro un automezzo di passaggio dei tedeschi, che a sua volta colpiva con raffiche di mitra.
Insignito della Medaglia di Bronzo al Valore Militare.
Il giovanissimo Cinelli trova la morte mentre spara contro un automezzo di passaggio dei tedeschi, che a sua volta colpiva con raffiche di mitra.
Insignito della Medaglia di Bronzo al Valore Militare.
CINO DEL DUCA
Nato a Montedinove nel 1899. Poichè il
padre Giosuè, poeta e Garibaldino, si era ridotto in miseria, appena
quindicenne deve lavorare per sostenere la famiglia, inizia così a
fare il produttore porta a porta per la casa editrice di romanzi a
dispense Hiermann sin quando, all'età di 17 anni parte per la Prima
grande guerra. Al termine del conflitto trova occupazione nelle
Ferrovie dello Stato ma per le sue idee contrarie al nuovo regime
viene cacciato, perseguitato e messo in carcere. Liberato riesce con
i fratelli a mettere su una piccola casa editrice. Il primo romanzo
pubblicato, dal titolo Cuore Garibaldino è un successo popolare,
come anche per gli altri che seguono. Sempre malvisto dal fascismo,
nel '32 si trasferìsce in Francia dove dà vita ad un' industria
editoriale che inonda il paese di giornali a fumetti e fotoromanzi.
All'inizio della Seconda guerra mondiale, memore degli ideali
paterni, crea una nuova legione garibaldina, iniziando una intensa
attività antinazista. Catturato dalla Gestapo, riesce a fuggire ed
entra nella Resistence. Terminata la guerra riprende la sua attività
iniziando a pubblicare anche libri di interesse letterario e a
produrre film. Nel 1955 accetta la presidenza onoraria della squadra
di calcio ascolana e le rida impulso con generosi apporti finanziari.
Manteneva ancora tale carica quando muore a Milano nel 1967, padrone
ormai di un vasto impero editoriale. Nella sua vita cosi attiva, ebbe
grandi soddisfazioni morali. Nel '53 il governo francese lo aveva
insignisce del titolo di cavaliere della Legion d'Onore e della Croce
di Bronzo, nel '59 riceve dall'università di Urbino la laurea
honoris causa in lettere e filosofia, la città di Ascoli Piceno gli
conferisce la cittadinanza onoraria. Dopo la morte gli si intesta una
via e lo stadio comunale. Al suo paese natale non fece mancare
dimostrazioni di attaccamento, donando un asilo, la scuola
elementare, il campo sportivo ed altre opere pubbliche. Per i
compaesani bisognosi di lavoro trovò sempre posto nei sui
stabilimenti in Francia ed Italia.
MARCELLO FEDERICI
Nasce a Milano, Sesto San Giovanni, nel
1926, da padre ascolano emigrato per lavoro.
Diciassettenne arriva ad Ascoli per
trascorrere le vacanze estive lontano dai bombardamenti in atto nella
città meneghina.
Dopo aver partecipato alla difesa delle
“Casermette” il 12 Settembre, parte alla volta di Colle San
Marco, e si unisce ai molti altri giunti sul colle per non rispondere
alla chiamata alle armi del governo repubblichino e organizzare una
difesa contro l'invasione nazifascista.
Con un gruppo di altri sei valorosi
partecipa alle azioni del 2 e 3 Ottobre, ma dopo tre giorni e tre
notti di estenuante resistenza, sotto una pioggia incessante, nel
fango, senza sostentamenti, è costretto a cedere all'incessante
incalzare dei tedeschi.
Prigionieri, i sette ragazzi, uno dei
quali ferito, vengono condotti con prepotente veemenza attraverso i
sentieri montani, e usati come trasportatori di pesanti casse di
munizioni, fino a quando, senza più forze, arrivano a Pagliericcio,
frazione di Ripe di Civitella.
I soldati nazisti avevano già deciso
la sentenza di morte per i giovani arrestati armi alla mano, ma fanno
credere al gruppetto di essere liberi, dandogli l'ordine di
disperdersi, salvo poi sparargli raffiche di mitra alle spalle,
falciandoli a tradimento.
A Federici viene anche dato il colpo di
grazia, un colpo di pistola alla nuca che ne renderà irriconoscibili
le fattezze.
Uno zio, partito alla sua ricerca,
riconoscerà il corpo solo grazie ai vestiti indossati.
Insignito della Medaglia d'Argento al Valore Militare.
Insignito della Medaglia d'Argento al Valore Militare.
NARCISO GALIÈ
Nato
ad Ascoli Piceno nel 1925, dove svolge la professione di operaio
comunale.
Dopo
gli scontri tra i soldati italiani e tedeschi nelle caserme ascolane
decide di unirsi a coloro che si stanno radunando sul Colle San Marco
per proseguire la difesa della città.
Fa
da subito gruppo con Alessandro Panichi e Serafino Cellini, con cui
combatte eroicamente il giorno del 3 Ottobre, nel caposaldo delle
Vene Rosse, dove egli coraggiosamente affianca i suoi compagni
portando uno zaino pieno di bombe a mano che, durante lo scontro,
venivano passate da una contadinella chiamata Argenta dai partigiani.
Lo
stesso Galiè poi sollecita la donna a dileguarsi nella boscaglia.
L'intervento
del giovane e dei suoi compagni permette al grosso dei partigiani di
sfuggire all'accerchiamento dei tedeschi.
Insignito della Medaglia
d'Argento al Valor Militare.
CARLO GRIFI
Nato a Recanati nel 1923.
Studente universitario al secondo anno
di medicina, risiedeva ad Ascoli dall'età di dieci anni e abitava
nella rua che oggi porta il suo nome, prima chiamata dell'Aquila.
Dopo l'8 Settembre 1943 si rifugia, come tanti altri giovani, nella zona di Meschia, frazione
di Roccafluvione (AP), dove dà un valido aiuto al parroco del luogo
nella cura di malati e feriti, per lo più militari sbandati e
alleati prigionieri fuggiti dai campi, nonostante gli studi non
ancora terminati e la poca esperienza in campo medico.
Rientrato ad Ascoli viene
incaricato di recapitare messaggi alle bande sul Colle San Marco, e con queste rimane.
La sera del 2 Ottobre viene fatto
rifugiare in una casa di contadini sul Colle, sia per ragioni di
sicurezza, vista l'estrazione politica della sua famiglia, essendo figlio,
difatti, di un gerarca fascista, sia soprattutto perchè
febbricitante, avendo fatto un servizio di perlustrazione sotto una
gelida pioggia torrenziale. La mattina del 3 Ottobre, durante il
rastrellamento del Colle San Marco, i tedeschi perquisiscono le
stanze dell'abitazione e, trovando accanto al Grifi la divisa
militare imprudentemente lasciata sulla sedia della camera da letto,
lo freddano, nonostante disarmato, a poco valgono le sue
implorazioni e spiegazioni. Prima di andarsene, i tedeschi danno
fuoco alla casa.
Nato nel 1919 ad Ascoli Piceno.
PIETRO MARUCCI
Nato nel 1919 ad Ascoli Piceno.
Entra nei Carabinieri in età
militare, poi esonerato dal servizio perchè ammalato, difatti si
trova in congedo quando viene dichiarato l'armistizio. Sente comunque
il dovere di riprendere le armi per la difesa della libertà e il 19
Settembre decide di prendere la strada del Colle San Marco con
l'intento di raggiungere i primi Partigiani rifugiatisi lassù.
Prende così parte con
impegno e dedizione ad ogni loro azione e si distingue per coraggio e
fermezza durante i duri combattimenti del 3 Ottobre svoltisi nella
località detta "Le Rocce".
Sotto la pressione dei
nazisti, infatti, il suo gruppo è costretto a indietreggiare,
mentre lui si ferma per coprire i compagni col fuoco della sua
mitragliatrice fino all'esaurimento delle munizioni. In questo gesto
di altruismo perde la vita.
Insignito della Medagli
d'Argento al Valore Militare.
Nasce nel 1913 ad Ascoli Piceno.
FRANCESCO PALIOTTI
Nasce nel 1913 ad Ascoli Piceno.
Nonostante i suoi precedenti giovanili
come camicia nera nella Milizia Volontaria per la Sicurezza
Nazionale, decide, il giorno dopo l'attacco dei tedeschi alle caserme
ascolane, di unirsi ai civili e militari sbandati che si stanno
radunando sul Colle San Marco, intenzionati a meglio organizzarsi per
proseguire la lotta di difesa della città.
Cade in combattimento il 3 Ottobre
1943, in occasione della massiccia operazione di repressione del
movimento di Resistenza messa in atto dal comando tedesco.
Viene ucciso nella zona del Pianoro da
un colpo di mortaio, lungo il corso del Fosso Gran Caso, mentre, come
capo della squadra dei conducenti, cerca di raggruppare alcuni muli
carichi di munizioni e di avviarli verso la montagna.
ALESSANDRO PANICHI
Nato nel 1923 ad Ascoli Piceno.
Studente universitario, fervido sostenitore della necessità, a seguito dell'armistizio dell'8 Settembre 1943, che i civili si attivino per fronteggiare l'oramai imminente arrivo dei tedeschi.
Il 13 Settembre decide quindi di unirsi ai civili e militari sbandati che stanno popolando il Pianoro di Colle San Marco con l'intenzione di organizzare una forma di resistenza cittadina.
Durante l'organizzazione del campo, posto presso le Vene Rosse, si occupa, insieme a Serafino Cellini, delle comunicazioni tra il comando sul Pianoro ed il gruppo.
La sua squadra, armata di mitragliatrice, è assegnataria del delicato compito di tenere una importante posizione avanzata durante gli aspri combattimenti dei primi di Ottobre 1943.
Il reparto rimase isolato, a causa della pressione nemica sulle altre squadre costrette a spostarsi,
nonostante tutto i pochi uomini continuarono ad opporre tenace resistenza.
Per dare man forte ai compagni che avrebbero dovuto trovarsi alle loro spalle, e nonostante l'ordine di ripiegare, Alessandro Panichi vuole rimanere al suo posto, per evitare l'accerchiamento, tenendo alto il coraggio e lo spirito di sacrificio di cui era dotato.
Insignito della Medaglia d'Oro al Valore Militare.
Il 13 Settembre decide quindi di unirsi ai civili e militari sbandati che stanno popolando il Pianoro di Colle San Marco con l'intenzione di organizzare una forma di resistenza cittadina.
Durante l'organizzazione del campo, posto presso le Vene Rosse, si occupa, insieme a Serafino Cellini, delle comunicazioni tra il comando sul Pianoro ed il gruppo.
La sua squadra, armata di mitragliatrice, è assegnataria del delicato compito di tenere una importante posizione avanzata durante gli aspri combattimenti dei primi di Ottobre 1943.
Il reparto rimase isolato, a causa della pressione nemica sulle altre squadre costrette a spostarsi,
nonostante tutto i pochi uomini continuarono ad opporre tenace resistenza.
Per dare man forte ai compagni che avrebbero dovuto trovarsi alle loro spalle, e nonostante l'ordine di ripiegare, Alessandro Panichi vuole rimanere al suo posto, per evitare l'accerchiamento, tenendo alto il coraggio e lo spirito di sacrificio di cui era dotato.
Insignito della Medaglia d'Oro al Valore Militare.
FAUSTO SIMONETTI
Nasce nel 1921 a Palmiano, nella Provincia di Ascoli Piceno.
A 18 anni si arruola in Aeronautica come aiutante sanitario. Partecipa alla guerra sul Fronte occidentale e in Libia. Nel '43 rientra in Italia e al momento dell’armistizio si trova a Foggia con il suo reparto. È lì che decide di rientrare ad Ascoli Piceno dove entra a far parte della Resistenza, che inizialmente era portata avanti da militari sbandati.
Anche lui il 3 Ottobre 1943 si trova a San Marco ma a differenza di altri compagni riesce a scampare alla cattura e a continuare la sua attività con la locale Resistenza curando il collegamento con le basi marchigiane ed abruzzesi e l’VIII Armata alleata. Viene fatto prigioniero dai tedeschi nel giugno del 1944 e, non tradendo i compagni nel corso dell'interrogatorio del giorno 6, viene fucilato e finito a colpi di calcio di fucile.
Fausto Simonetti è insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare.
VIA III OTTOBRE
La giornata del 3 Ottobre rappresenta una data importantissima per la nostra Resistenza, dopo l'armistizio dell'8 Settembre e gli scontri contro i nazisti del 12 alla caserma Vecchi e a quelle di Corso Mazzini e di San Filippo, civili e militari ascolani decidono di organizzare sul Colle un nucleo armato per difendere la città in attesa dell'arrivo degli Alleati.
Un gruppo che si va sempre più espandendo grazie alla spontanea scelta dei cittadini che affluiscono sul Colle, e che costituisce una buona tappa per ex-prigionieri alleati, perlopiù inglesi e slavi, diretti verso il Sud liberato.
Il forte concentramento è sostentato da spedizioni volte all'approvvigionamento di viveri e munizioni nelle caserme della città, favorite dal tacito consenso dei militari, e gode della direzione del comandante Spartaco Perini, eletto tramite votazione.
Il 2 Ottobre il gruppo di San Marco viene avvisato dell'arrivo di reparti tedeschi, aspettandosi una risalita di questi ultimi dalla città, che invece accerchiano la montagna salendo dai paesi, per trovarsi già all'alba del 3 Ottobre a San Marco, cogliendo nel sonno i partigiani.
Verso il Pianoro, in località Le Rocce, dove oggi si trova il monumento dei partigiani, i nazisti trovano la prima resistenza dei ribelli che l'impegna in un accanito combattimento.
I capisaldi coprono la ritirata del grosso dei Partigiani, risalendo i sentieri senza sapere che già l'accerchiamento tedesco è stato compiuto.
Lungo il fosso del Gran Caso ci sono i primi caduti, Francesco Paliotti colpito da una granata di mortaio, poco sopra cadeva Pietro Marucci, e ad un centinaio di metri morivano i fratelli Pierluigi e Vincenzo Biondi, venuti da Foggia per combattere il nazifascismo.
In una casa colonica poco sotto le postazioni dei ribelli muore fucilato dagli oppressori Carlo Grifi a letto perché febbricitante dopo una spedizione notturna.
Mentre alcuni gruppi riescono a passare tra le file tedesche svalicando verso Valle Castellana, alle Vene Rosse continuano gli scontri: Emidio Bartolomei, Marcello Federici e i fratelli Angelini combattono finché, ormai finite le munizioni, vengono catturati intorno alla zona delle Tre Caciare.
L'ultimo scontro si svolge all'altezza della croce di legno, dove Serafino Cellini ha posizionato la sua mitragliatrice e insieme ad altri difende la postazione.
Il primo a cadere è Narciso Galiè, vicino a lui Alessandro Panichi, Adriano Rigantè, Antonio Cossu e un ex-prigioniero inglese vengono anch'essi uccisi in difesa della loro postazione.
L'ultimo a resistere è Serafino Cellini, che ferito e fingendosi morto apre il fuoco sui tedeschi causando loro numerose perdite prima di morire.
I tedeschi rastrellano fino alla sera il Colle, radunando un centinaio di catturati, alcuni trasferiti al Forte Malatesta, altri portati a Cerqueto, mentre i fratelli Angelini, Dino e Silvio, Emidio Bartolomei, Nino Ciabbattoni, Marcello Federici, Emidio Rozzi e Roberto Paci vengono portati a Pagliericcio, sopra Villa Lempa e crivellati a colpi di mitra dopo essere stati illusi di poter scappare.
La stessa sera del 3 Ottobre, ad Ascoli, mentre sul Colle giovani coraggiosi combattono e muoiono per la libertà, si ricostituisce la locale Federazione fascista e viene esposto il labaro fascista, un atto ingiurioso per il sangue dei 30 giovani, 8 feriti e più di 80 prigionieri italiani e non, deportati in Germania nei campi di lavoro, partigiani della Brigata San Marco, prima formazione di patrioti/partigiani che ha alzato la testa ai soprusi dei nazi-fascisti in Italia.
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